vincere sul mercato

Fare un Brand di successo

Fare un Brand di successo
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Fare un brand di Successo

Sul mercato esistono troppi prodotti e servizi adatti ad ogni esigenza, lo sappiamo bene, per questo è talvolta complicato per il cliente sceglierne uno: il sovraffollamento di offerte troppo simili rendono indistinguibile l’offerta in un mercato omogeneo. In una tale situazione come distinguersi? Come emergere? Cosa può fare la differenza? Sicuramente un un aiuto importante ci viene da quei valori intangibili che abbiamo realizzato nel tempo e che avremo trasferito al marchio, costruendo così la nostra reputazione e immagine aziendale  (Le differenze tra MarchioBrand sono descritte in questo articolo: Brand,  marchio, logo, emblema, ecco le differenze).

Quindi fare un brand di successo (in italiano MARCA) è un sistema efficace per distinguersi sul mercato, certo, ed ecco spiegato perché aziende importanti investono grandi capitali nell’attività di creazione, gestione e sviluppo del brand (attività di branding). Un Brand forte può permettersi anche di alzare il prezzo senza perdere quote di mercato, l’investimento si ripagherà anche così.

unicità

Ai massimi livelli investire sul Brand significa soprattutto dare un valore aggiunto al proprio titolo in borsa, il quale risentirà meno delle speculazioni negative sul mercato finanziario, tenendo alto il valore del titolo e offrendo maggiori dividendi agli azionisti. Non è un dettaglio, l’economia finanziaria è molto più importante in termini economici dell’economia reale. Oggi è così, ma questo sarà lo spunto per un prossimo articolo.

I valori del Brand:

I valori che il brand esprime sono il collegamento tra la nostra impresa e i clienti, i quali si riconosceranno in essi. Qualora non fosse così dovremo identificare meglio il nostro target con un sondaggio professionale preparato a tale scopo.

Per fare alcuni esempi pratici di valori del brand nel settore automotive possono essere: Volvo = sicurezza, Volkswagen = qualità, AlfaRomeo = sportività … Continuando ad analizzare ogni casa automobilistica, potremo vedere che ognuna di queste è protesa ad emergere e farsi riconoscere in valori unici, non occupati dalla concorrenza (anche più di un valore).

Un’azienda che investe nel valore della marca crea delle aspettative sul proprio target, per questo deve mantenere una stretta coerenza con i valori che sposa e che il nostro pubblico a questo punto pretende. Tradire le aspettative può costare molto caro, pensate al danno d’immagine derivato dalle centraline deliberatamente truccate messa in atto dal management Volkswagen: oltre a tutti i costosissimi risarcimenti, dovrà essere ricostruita la credibilità di un marchio che puntava sulla qualità. Si noti come un evento negativo che di fatto ha riguardato solo un motore diesel euro5, abbia colpito in modo determinante tutta l’impresa… Le vendite non hanno subito un calo drammatico, ma il titolo in borsa ha ridotto il suo valore della metà. La perdita di credibilità del brand ha fatto di riflesso un danno molto più grande del problema iniziale sul motore diesel. Saranno necessari investimenti giganteschi e molti anni di lavoro per ricostruire la reputazione del brand, sapendo che comunque resterà sempre una cicatrice, anche quando i motori diesel non esisteranno più.

MARCHIO PROFESSIONALE

È chiaro a questo punto che il BRAND ha un valore di primaria importanza per l’impresa, vediamo allora di quali parti si compone:

Elementi tangibili:

– MARCHIO;
– PUBBLICITÀ;
– AZIENDA (strutture);
– PERSONALE/management;
– CLIENTELA (quantità, qualità e fedeltà).

Elementi intangibili:

– VISION (l’insieme degli obiettivi di lungo periodo che il Management vuole definire per la propria azienda);
– MISSION (è la “dichiarazione di intenti; è il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre.);
– PROPOSTA UNICA DI VALORE (unique value proposition – E’ ciò che rende unico ed irripetibile il tuo prodotto o servizio. Può essere una nuova idea presentata al mercato, ma anche un modo diverso di di proporre un prodotto esistente. La proposta unica di valore caratterizzerà fortemente il successo della tua impresa.);
– SERVIZIO;
– ESPERIENZA;
– QUALITÀ PERCEPITA dal mercato;
– la NOTORIETÀ sul mercato;
– i BREVETTI in possesso.

È quantificabile il valore dei beni intangibili dell’impresa?”
” 
Si, e possono raggiungere anche il 60% del valore dell’intera azienda.

Di tutti i fattori che concorrono alla costruzione del nostro Brand, uno su cui è bene concentrarsi dall’inizio è la “proposta unica di valore” che ci identifica e ci differenza dalla massa di proposte presenti sul mercato. Per fare questo dobbiamo conoscere bene il nostro TARGET, quindi ancora una volta è opportuno ribadire che dobbiamo sapere bene a chi ci rivolgiamo confezionando al meglio la nostra proposta sulle esigenze dei clienti (nuovi o da fidelizzare) conoscendone le aspettative (dobbiamo essere customer oriented!).
Come si fa??? Ancora una volta con un sondaggio che vedremo in un prossimo articolo.

Un buon lavoro di branding può arrivare al punto straordinario in cui i clienti si identificano nell’impresa stessa… Avete presente gli adesivi della mela dietro alle automobili? Per un periodo l’ho avuto anch’io.

Ma torniamo con i piedi per terra, alla nostra impresa…

Quindi per avere un Brand di successo bisogna:

a) sapere cosa chiede il mercato (sondaggio)
b) mantenere la promessa data (vedi mission sopra);
c) avere un’identità e cultura diversa dai competitors (brand identity unica);
d) proporre valori nei quali il target si possa riconoscere;
e) mettere a punto una strategia di comunicazione efficace.

Per ottenere la preferenza verso i nostri prodotti dai potenziali clienti dobbiamo avere una buona qualità percepita e una adeguata notorietà, per questo dobbiamo curare il nostro marchio attraverso l’attività di branding.

MARCHIO PROFESSIONALE

Fare branding significa anche tenere monitorato il risultato delle nostre attività poiché una correzione all’attività pianificata può sempre rendersi necessaria.
La notorietà della marca (brand awareness) va verificata sul nostro target di riferimento così come l’immagine della marca (brand image). Brand awareness e brand image non vanno confuse poiché un marchio può essere molto famoso ma non necessariamente visto in modo positivo.

Un grafico può fare un marchio in breve tempo, ma una marca non si costruisce in 2 giorni!
Se avete un’impresa, rimandare ancora l’attività di branding significa lasciare il mercato ai competitor, cominciate adesso e fatelo in modo scientifico, cominciamo!

Keep calm and make Marketing!

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Outsourcing: perché non “fai fuori” il tuo business?

Outsourcing: perché non "fai fuori" il tuo business?
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Outsourcing o Esternalizzazione d’impresa

L’outsourcing (esternalizzazione) è una pratica comune per le imprese moderne che consiste nel delegare esternamente parte della attività aziendale rivolgendosi a fornitori.
Può essere esternalizzata la produzione di un prodotto per la vendita o parte di esso, ma anche un servizio utile all’attività come ad esempio il marketing in outsourcing che ha un valore strategico indispensabile all’impresa, ma che non è oggetto del business.

Cosa significa fare Outsourcing (o esternalizzazione)

Fare outsourcing significa utilizzare una risorsa esterna per lo svolgimento di una attività utile allo svolgimento della nostra impresa. Si tratta di un termine che assume sfumature diverse secondo le scuole di pensiero: per alcuni deve necessariamente indicare un rapporto quasi di “dipendenza dal fornitore” poiché internamente non si potrebbe eseguire il lavoro sviluppato all’esterno, secondo altri punti di vista esternalizzare significa ottenere la produzione di beni o l’erogazione di servizi sempre da fornitori esterni, ma che per know-how potrebbe essere prodotto anche internamente. In entrambi i casi chi si rivolge all’outsourcing diventa cliente di un’altra impresa per svolgere la propria attività (Business to Business o B2B).

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Chi fa uso dell’Outsourcing

Indipendentemente dalle dimensioni, dal settore e dal tipo di attività svolta, l’outsourcing è utilizzato (più o meno consapevolmente) da praticamente tutte le imprese.
Ci si potrebbe domandare: “come potrei inconsapevolmente non sapere se esternalizzo parte del mio lavoro?” Beh, basta pensarci, per esempio l’impresa di pulizie che si occupa delle scale dove sono io, per la contabilità utilizza un commercialista professionista: immaginate se ogni microimpresa dovesse tenere al suo interno un addetto contabile, molte di queste si estinguerebbero. Per cui io esternalizzo la pulizia delle scale, l’impresa delle pulizie avrà in outsourcing la contabilità presso un commercialista il quale, probabilmente, delegherà esternamente la pulizia delle scale e così via…

Lo sviluppo dell’outsourcing

L’esternalizzazione ha avuto il suo sviluppo più importante quando i mercati si sono saturati e le imprese si sono scoperte sovradimensionate, solo negli anni ’90 i manager hanno cominciato a farne un uso sistemico dell’ousourcing valutandone gli impatti sulla propria attività. Da allora questo tipo di scelta è diventata obbligata poiché permette una maggiore competitività sui mercati grazie ad una strategia d’impresa più flessibile con politiche di alleggerimento della logistica e una minore presenza di personale interno.

I confini dell’esternalizzazione

L’outsourcing (o esternalizzazione) non conosce confini geografici e riguarda qualsiasi tipo di attività. La tecnologia informatica disponibile è in grado di permettere produzioni esterne anche molto complesse: immaginiamo una fornitura di materie prime dall’Africa, una successiva semilavorazione in India, poi un assemblaggio in Cina e una rifinitura finale in Italia.

outsourcing internazionale

Praticamente per avere un prodotto conveniente, a volte bisogna fargli fare il giro del mondo per poi marchiarlo “Made in Italy” quando in Italia è stata solo applicata un’etichetta in fondo al processo produttivo. Lo sanno bene certe megacompagnie cinesi che fanno transitare in Italia i loro prodotti alimentari di scarsissima qualità, li mettono in barattolo e li rivendono successivamente con un prezzo molto più elevato del loro valore su mercati a loro proibiti, grazie al fatto che sono diventati magicamente “Made in Italy” (no comment). Questa è una forma di outsourcing internazionale, nella sua forma meno etica, va detto.
Un’altra forma di esternalizzazione internazionale poco piacevole è quella che porta reparti interi di un’impresa all’estero, là dove la mano d’opera è più sfruttabile, con meno problemi di sindacati e soprattutto con costi notevolmente inferiori. Capita che ciò avvenga anche se nei paesi di destinazione non ci sia una cultura manifatturiera adeguata, per questo talvolta alcune imprese ripensando alle proprie politiche rientrano nel paese di origine. Non capita spesso ma una certa tendenza in questo senso è riscontrabile, soprattutto per le imprese con una politica più legata alla qualità che al prezzo finale.

Perché fare l’outsourcing

I motivi per esternalizzare l’attività sono quasi sempre legati alla convenienza economica. Possono esserci motivazioni logistiche, motivazioni di produttività o di strategia geopolitica, in qualche caso possono esserci motivazioni legate alla qualità del lavoro e o know-how non presente all’interno dell’impresa. Tuttavia la motivazione principale  è quasi sempre imputabile alla necessità di contenere i costi e rimanere con una gestione del business agile e versatile.
La competitività imposta dal mercato fa sì che le imprese debbano essere dinamiche, in grado di prendere decisioni importanti in poco tempo, di chiudere una produzione e attivarne un’altra. Questo fattore ha una importanza sempre crescente perché la velocità del mercato lo richiede, per esempio: se in azienda abbiamo del personale formato ad assemblare lavatrici, il giorno dopo non potranno essere disponibili per produrre TV. In outsourcing invece si, basterà cambiare fornitore, da uno che produce lavatrici ad uno che produce televisioni.

Un vantaggio importante che si ottiene rivolgendosi a fornitori, è anche relativo al costo certo che il prodotto o servizio avrà. Con l’outsourcing non potranno esserci errori di calcolo su difficili valutazioni di costo: il prezzo è stabilito da contratto, a priori, e le consegne e i problemi di produzione rigurderanno il fornitore esterno.

Prima di fare un breve elenco delle attività più sviluppate in outsourcing, vi indico un libro per un eventuale approfondimento sull’argomento:
Outsourcing strategico. Tecniche di gestione, criticità, vantaggi competitivi“.

Alcune tipiche attività esternalizzabili:

  • Consulenza Aziendale e Marketing in outsourcing (la nostra attività!);
  • Servizio di Pubblicità (la nostra attività!);
  • Web marketing (la nostra attività!);
  • Servizi di comunicazione aziendale per lo sviluppo del business (la nostra attività!);
  • Consulenze Legali;
  • Consulenze fiscali;
  • Consulenze strategiche;
  • Consulenze del lavoro e più in generale tutte le attività di consulenza;
  • Produzione parziale o intera del prodotto oggetto del commercio;
  • Erogazione per conto della azienda committente di un servizio non disponibile internamente per assenza di know-how o insufficienza di forza lavoro;
  • Gestione delle risorse umane;
  • Servizi di IT (information technology);
  • Servizi di mensa;
  • Servizi di pulizie;
  • Servizi di sicurezza;
  • Servizi di spedizione;
  • Servizi di logistica come la spedizione con corriere o magazzini esterni meccanizzati.

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Rete d’imprese come sistema di successo

Rete d’imprese come sistema di successo
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Rete d’imprese: fare sistema per crescere

L

e stagioni del business sono evidentemente più corte e soggette a forti perturbazioni rispetto a qualche decennio fa.

Quando ci fu l’avvento della televisione, l’industria che cercava il grande successo doveva fare pubblicità lì, rendendo il prodotto noto alla massa con investimenti pubblicitari importanti che erano quasi una garanzia di successo in termini di fatturato e notorietà. Era matematico, era infinitamente più semplice, c’era posto per tutti, le imprese nuotavano in un mare di opportunità.

Abbiamo imparato dalle nostre imprese che il trascorrere del tempo ha compresso i mercati parcellizzandoli, aumentato i costi complicando l’accesso alle piccole medie imprese a quelle attività che sono diventate necessarie per prosperare, talvolta anche solo per sopravvivere.

Difronte ad un problema di sistema così importante, per affrontare le nuove necessità imposte dalla concorrenza nazionale ed internazionale, le imprese hanno cominciato a parlare tra di loro, a collaborare.

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.”

Charles Darwin

Cos’è la rete d’imprese

La rete d’imprese è, in estrema sintesi, un luogo d’incontro tra imprese, dove avvengono scambi di informazioni, si sviluppano sinergie, ci si conosce confrontandosi e si fanno affari.

“Tanti piccoli insieme fanno la forza” questa è stata in principio la visione dei pionieri e, pur essendo ancora valida l’affermazione, vediamo che fare rete è sempre più un “must” non solo per i piccoli imprenditori ma anche delle medie e grandi imprese: i mercati sono diventati globali e solo pochi giganti possono camminare da soli, almeno offline.

Proprio la globalizzazione è stata l’elemento scatenante di questa forma di aggregazione.

Perché fare rete

outsourcing internazionale

Dicevamo che la globalizzazione ha scosso le fondamenta delle PMI le quali, in molti casi, hanno dovuto fare delle importanti scelte esistenziali tra chiudere, fondersi, venire acquisite… oppure… fare rete! Facendo rete, le diverse realtà possono unire le forze, mantenendo tuttavia quel carattere identitario unico di ciascuna impresa, restando sul mercato in modo competitivo, con nuovi partner e una visione più ampia del business.

Di fatto un ricorso a questa aggregazione è sempre più praticato e rappresenta un vantaggio competitivo per le imprese direttamente interessate, ma anche per il sistema economico del paese, in particolare per il nostro che sappiamo essere ricchissimo di PMI.

Un esempio pratico delle possibilità che offre questa cooperazione?
Si immagini ad esempio le difficoltà di sviluppo per un progetto vincente di una PMI, magari un dispositivo tecnologico rivoluzionario. La realizzazione di un prototipo richiederebbe un reparto ricerca e sviluppo interno, costosissimo, proibitivo per i più… Però insieme, più imprese del medesimo settore o della filiera, potrebbero cooperare, aprire un reparto in comune con i migliori ingegneri e competere con i più grandi, condividendo gli investimenti, i brevetti, e crescendo insieme. Va da sé che gli individualismi sarebbero fuori luogo.

 

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Sapere: per fare e per competere

Gli imprenditori che oggi sanno cogliere le opportunità che offre il mercato, o addirittura proporne di nuove, lo devono ad una certa propensione al cambiamento: sono coloro che non aspettano gli eventi, ma cercano le informazioni utili alla propria attività e le metabolizzano per creare nuove iniziative o modificare la propria direzione (in America Steve Jobs, In Italia penso a Marchionne). Le informazioni quindi come strumento sul quale costruire delle strategie, ecco che si spiegano le enormi attività sviluppate da potenti realtà quali televisioni, industrie, governi, i quali dispongono dei capitali necessari per ottenere tutti i dati utili da tradurre in azioni.

Con la Rete d’imprese, possiamo pensare di giocare alla pari con i Top Player o, per lo meno, entrare in gioco. La condivisione del Know-how, la ricerca della crescita aziendale, professionale e personale, attraverso questi moderni hub che sono i network di imprese, si concretizza in un ambiente fertile e creativo.

Cogliere le tendenze

Quando Philip Kotler ha per primo codificato il Marketing, questo si componeva delle 4 classiche voci tuttora validissime (prodotto, prezzo, distribuzione, promozione) le quali hanno resistito al tempo implementandosi per lavorare meglio sulle nuove necessità/opportunità del mercato: sono quindi apparse in tempi diversi anche “People, Process, Phisical Evidence” e l’elenco potrebbe continuare. Partecipare ad una rete di imprese significa essere costantemente aggiornati e al passo con i tempi, ma soprattutto maturare una visione che va oltre all’orizzonte molto breve evidente ai più. Questo è un valore d’importanza strategica per qualsiasi impresa.

Quali sono le strutture

La rete di imprese è un’organizzazione che si occupa di riunire più realtà dello stesso campo, per cui esisteranno reti d’imprese esclusivamente per il settore turistico o solo per quello finanziario ecc… La rete di imprese tuttavia può essere anche sviluppata come luogo di aggregazione per attività diverse. Esistono quindi organizzazioni che offrono questi servizi a più tipologie d’impresa all’interno della stessa realtà, aggregandole per tipo di attività. Sono venuto in contatto con il Sig. Giordano Agrizzi, Presidente di AD HOC CONSILIA nel Nord Est. Questa struttura per esempio raggruppa 20 settori diversi di Aziende e sviluppa la sua attività con un accento particolare sul valore della Persona, poiché la crescita professionale non può prescindere dalla crescita personale, fatta di consapevolezza e capacità dell’individuo. Onestà, ambizione, coraggio e determinazione sono i valori umani che vengono promossi agli imprenditori al suo interno per sviluppare una collaborazione vera e proficua fondata su una concezione del business brillante e di lunghe vedute.

Siamo dentro ad una ulteriore nuova stagione caratterizzata da due tendenze opposte che dovranno convivere, una è l’accelerazione dello sviluppo tecnologico, l’altra è una nuova centralità della Persona, l’unico “elemento” che fa di una azienda fatta di cose e numeri una Impresa fatta da attività umana e creativa.

Le RETI DI IMPRESE sono fondate sulla consapevolezza che il mercato è sempre una sfida ma anche una opportunità da cogliere insieme così da rendere tutto più disponibile, sicuro e duraturo per qualsiasi business.

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Come vendere le scarpe a chi gira scalzo

Chi si occupa di marketing probabilmente conosce già la storiella dell’industriale calzaturiero di Hong Kong, che voleva studiare come vendere di più le sue scarpe. Il suo interesse in particolare era rivolto al mercato di una remota isola del Pacifico meridionale.
L’imprenditore invia nell’isola un acquisitore di ordini, il quale, dopo un rapido sopralluogo, invia un rapporto la cui conclusione è: “La gente da queste parti va in giro a piedi nudi.

Non esiste un mercato per le nostre calzature.” Per nulla convinto, l’industriale in questione spedisce nell’isola un venditore che, a sua volta, comunica: “Qui nessuno porta scarpe. Esiste un mercato fantastico!” Nel timore che il suo venditore si sia fatto impressionare dal vedere tanta gente priva di scarpe, l’imprenditore di Hong Kong invia questa volta un esperto di marketing.

Questi precede, secondo i principi della sua professione, a intervistare i notabili locali e un numero adeguato d’indigeni, elaborando quindi il seguente rapporto:

Gli indigeni non sono soliti portare scarpe. Tuttavia, andare in giro a piedi nudi comporta dei problemi, come ho cercato di spiegare al capo della tribù.

Egli si è dimostrato entusiasta, ritiene che il 70% della sua gente acquisterà un paio di scarpe al prezzo di 10 dollari. Noi potremmo vendere 6.000 paia di scarpe nel primo anno.

I costi per spedire e distribuire le scarpe nell’isola ammonterebbero a circa 6 dollari al paio. Potremmo quindi conseguire un margine complessivo di 20.000 dollari nel primo anno, il che significa un Roi (Return on investment, rendimento dell’investimento) del 20% superiore di cinque punti al nostro Roi normale, pari appunto al 16% Tutto ciò senza considerare i futuri guadagni che potremmo conseguire entrando in questo mercato. Raccomando quindi di procedere nell’operazione.

Come l’esempio pone in evidenza, un’efficace azione di marketing  implica un’accurata analisi delle opportunità di mercato, nonché  una valutazione degli aspetti economici e finanziari della strategia  che si intende adottare al fine di accertare se la stessa e coerente  con gli obiettivi di profittabilità dell’impresa.  La ricerca permette all’impresa di determinare in che misura  gli acquirenti dei vari mercati differiscono fra di loro in termini di  bisogni, percezioni e preferenze. Restando nel mercato delle calzature, le esigenze dei consumatori differiscono in modo sostanziale  a seconda del sesso, della conformazione fisica, degli usi prevalenti, della moda, e così via.

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I costi per spedire e distribuire le scarpe nell’isola ammonterebbero a circa 6 dollari al paio. Potremmo quindi conseguire un margine complessivo di 20.000 dollari nel primo anno, il che significa un Roi (Return on investment, rendimento dell’investimento) del 20% superiore di cinque punti al nostro Roi normale, pari appunto al 16% Tutto ciò senza considerare i futuri guadagni che potremmo conseguire entrando in questo mercato. Raccomando quindi di procedere nell’operazione.

Come l’esempio pone in evidenza, un’efficace azione di marketing implica un’accurata analisi delle opportunità di mercato, nonché una valutazione degli aspetti economici e finanziari della strategia che si intende adottare al fine di accertare se la stessa e coerente con gli obiettivi di profittabilità dell’impresa. La ricerca permette all’impresa di determinare in che misura gli acquirenti dei vari mercati differiscono fra di loro in termini di bisogni, percezioni e preferenze. Restando nel mercato delle calzature, le esigenze dei consumatori differiscono in modo sostanziale a seconda del sesso, della conformazione fisica, degli usi prevalenti, della moda, e così via.